“Risulta meritevole di accoglimento la richiesta del rimettente di una pronuncia additiva, che eviti il contratto con il principio di auto responsabilità, tramite l’aggiunta di una previsione che già trova riscontro nella disciplina dettata dall’art. 94 comma 2, t.u. spese di giustizia, per il processo penale […]. In linea dunque, con le citate disposizioni, la legittimità costituzionale dell’art. 79, comma 2, t.u. spese di giustizia può essere ricostruita, integrando la previsione sull’onere probatorio con la possibilità per l’istante di produrre, a pena di inammissibilità, una dichiarazione sostituiva di certificazione relativa ai redditi prodotti all’estero, una volta dimostrata l’impossibilità di presentare la richiesta certificazione”
Corte Costituzionale, Sent. n. 157 del 20 luglio 2021
L’ammissione al gratuito patrocinio per i cittadini extra comunitari.
Uno dei maggiori problemi relativi alla ammissione dei cittadini extra comunitari al gratuito patrocinio era quello di dimostrare i redditi percepite all’estero.
Per tanti cittadini pertanto era pressochè impossibile dare tale dimostrazione.
La Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 157 del 20 luglio 2021, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 79, comma 2, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 30 maggio 2002, nella parte in cui non consente al cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione Europea, di presentare una autodichiarazione dei redditi prodotti all’estero sostitutiva della documentazione necessaria a richiedere il patrocinio a spese dello stato per un giudizio civile, dopo aver provato l’impossibilità di produrre tale documentazione presso l’Autorità Consolare.
La vicenda
La questione è stata sollevata a seguito della richiesta di due cittadini indiani di essere ammessi al patrocinio a spese dello stato, richieste che i ricorrenti si sono visti rifiutare, dopo che non erano stati in grado di produrre la documentazione necessaria riguardante i loro presunti redditi nel paese di origine, nel caso di specie comunque redditi inesistenti.
I due cittadini indiani avevano dimostrato i loro tentativi di produrre la documentazione necessaria presso l’Ambasciata e il Consolato indiano in Italia, come attestazione di veridicità delle loro dichiarazioni, tuttavia entrambe le istanze di ammissione al gratuito patrocinio erano state rigettate per la mancanza della documentazione richiesta.
Violazione del principio di uguaglianza e ragionevolezza
Il Giudice rimettente, indicava dunque alla Corte Costituzionale le presunte violazioni riscontrare con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.
In merito all’art. 3 Cost., la violazione sarebbe riscontrabile sotto il profilo della “ragionevolezza”, in quanto la norma non prevede un meccanismo alternativo che consenta al ricorrente di aggirare la mancata collaborazione e l’inerzia dell’attività Consolare. A ciò si aggiunge una irragionevole disparità di trattamento fra i cittadini dell’Unione Europea e quelli di altri paesi.
In relazione all’art. 24 Cost., la norma incriminata priverebbe di efficacia il principio secondo cui devono essere garantiti ai non abbienti i mezzi necessari per agire in giudizio e difendersi.
Infine, con riguardo all’art. 113 Cost., il giudice rimettente sostiene che “la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi contro gli atti della pubblica amministrazione” debba essere garantita attraverso la concreta accessibilità sul piano di eguaglianza sostanziale che non tollera discriminazioni basate sulla cittadinanza.
La decisione della Corte
La Corte Costituzionale ha stabilito che la decisione sull’ammissione al patrocinio a spese dello stato deve essere considerata indipendente rispetto alla controversia per la quale viene proposta. Questo conferisce al giudice il potere di decidere su di essa in qualunque momento, anche dopo la risoluzione della questione (Corte di Cass. Sezioni unite civili, sent. 4315/2020).
La Corte ha ritenuto fondate le questioni sollevate dal giudice rimettente in relazione agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.
La norma oggetto del giudizio di costituzionalità riguarda la disciplina del patrocinio a spese dello stato, istituto che mira ad attuare l’art. 24 della Costituzione per “assicurare ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”. Anche nel rispetto dell’art. 3 Cost., il patrocinio gratuito elimina le difficoltà economiche che possono ostacolare il diritto alla difesa, annoverato tra i diritti inviolabili sanciti dall’art. 2 Cost.
Nel giudicare la norma censurata, la Corte ha evidenziato come questa stabilisca una disparità di trattamento basata sul mero criterio della cittadinanza, nella parte in cui richiede la documentazione prodotta dall’autorità consolare relativa ai redditi prodotti all’estero, senza prevedere la possibilità di presentare una autodichiarazione sostituiva, soltanto ai cittadini extraeuropei. Tale discriminazione risulta ancora più grave nel caso in cui la norma non prevede soluzioni per il cittadino extraeuropeo per aggirare l’inerzia e la mancata collaborazione dell’autorità consolare, facendo gravare sul ricorrente il rischio per un fatto a lui non imputabile.
La norma prevede una presunzione secondo cui il cittadino extraeuropeo sia possessore di redditi all’estero. Ciò implica un grande aggravamento della situazione del ricorrente straniero, specialmente quando è costretto a provare un reddito inesistente, situazione più che comprensibile nell’ambito dell’immigrazione e dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio.
Considerato tutto ciò, la Corte ha ritenuto ammissibile la questione di legittimità costituzionale, considerando necessaria la previsione di un’autodichiarazione sostitutiva della documentazione richiesta per l’istanza di ammissione al patrocinio gratuito, analoga a quella già prevista per il processo penale.
Per la presentazione dell’autodichiarazione, il cittadino extraeuropeo dovrà soltanto dimostrare di essersi attivato tempestivamente per ottenere la documentazione dall’Autorità Consolare.
ANDREA BELBUSTI