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Il contratti commerciali alla prova della pandemia da Covid-19

L’emergenza sanitaria attuale ha un forte impatto nei rapporti commerciali in corso tra imprese, privati ed enti, nazionali e internazionali, poiché si tratta di un evento imprevisto ed imprevedibile che potrebbe rendere impossibile il rispetto delle prestazioni pattuite ed esporre le aziende a una dichiarazione di inadempimento con conseguente richiesta di risarcimento del danno da parte dell’altro contraente.

Alcuni contratti contengono clausole in cui le parti hanno previsto eventualità e situazioni analoghe a quella, ad esempio, rappresentata dalla pandemia da Coronavirus che stiamo vivendo in queste settimane. Questi contratti ne hanno normato la portata già nella loro stesura, in questi casi basterà rifarsi a queste previsioni e renderle operative.

Nel caso in cui invece le parti non abbiamo sottoscritto alcun contratto, ma tra loro siano in corso, comunque, rapporti commerciali, ed al contratto si applichi la legge italiana bisognerà rifarsi alle norme del Codice Civile, con particolare riferimento agli articoli 1256 e 1218.

Art. 1256 del Codice Civile Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea

L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.

Se l’impossibilità ad eseguire la prestazione prevista dal contratto è solo temporanea, dunque, colui che dovrebbe eseguirla non è responsabile del ritardo nell’adempimento, ma rischia tuttavia che l’obbligazione si estingua in due casi:

  1. quando egli non possa più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione;
  2. oppure quando il creditore non abbia più interesse a conseguirla.

In base all’art. 1218 del Codice Civile, la prova che libera il debitore dalla sua obbligazione per evitare la responsabilità risarcitoria, è data dalla dimostrazione che l’inadempimento sia stato determinato da «impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile».

L’impossibilità è qui intesa come assoluta, cioè consiste nella non eseguibilità tecnica della prestazione e non nella eventualità che essa sia semplicemente più difficile o onerosa per il debitore.

Ai sensi dell’art. 1256 Codice Civile, l’impossibilità capace di estinguere l’obbligazione è da intendere in senso assoluto e obiettivo e consiste nella sopravvenienza di una causa, non imputabile al debitore, che impedisce definitivamente l’adempimento.

Nel caso in cui la prestazione sia divenuta invece troppo onerosa la parte che subisce può chiedere la risoluzione.

Art. 1467 – Contratto con prestazioni corrispettive

Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458.

La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto.

La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto

In questo caso, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione si configura quando siano divenuti impossibili tanto l’adempimento della prestazione da parte del debitore quanto l’utilizzazione della stessa da parte della controparte, purché l’impossibilità stessa non sia imputabile al creditore e il suo interesse a ricevere la prestazione medesima sia venuto meno.

In questi casi si dovrà prendere atto che non può più essere conseguita la finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto, con la conseguente estinzione dell’obbligazione.

La pandemia potrebbe non essere considerata motivo di forza maggiore in sé, ma vanno considerati i provvedimenti emergenziali presi dai vari governi nazionali. In sostanza i provvedimenti di legge emanati per arginare la pandemia hanno reso di fatto impossibile o molto difficoltoso la possibilità per alcuni di portar a termine la prestazione pattuita.

Basti pensare a tutti i contratti stipulati nell’ambito del turismo e dell’intrattenimento; l’impossibilità o l’eccessiva onerosità delle prestazioni andranno valutate a seconda delle circostanze, dei settori merceologici e delle norme emergenziali applicabili. In base a queste valutazioni e all’interesse delle parti, i contratti potranno essere sospesi, rinegoziati o, nelle situazioni più estreme, risolti.