Il dovere dei genitori di educazione verso i figli non si traduce solamente nel trasmettere valori, ideali e promuovere lo sviluppo della personalità del minore stesso; ma implica anche avere riguardo e preservare quindi il figlio da tutto ciò che potrebbe essere nocivo e non consono alla sua età.
Tra queste attività rientra anche il dovere dei genitori di monitorare l’utilizzo di dispositivi elettronici (tablet, smartphone) al fine di evitare che i figli possano accedere a contenuti o siti inadatti alla loro educazione.
Questo è quanto stabilito dal Tribunale di Parma con la Sentenza 698/2020 dove a seguito di un giudizio di divorzio, i coniugi genitori di due gemelli 14enni, scoprono la presenza di materiale pedopornografico sul cellulare dei figli, ricevuto tramite una chat di Whatsapp. Il reato di “pornografia minorile” punisce condotte diverse, accomunate dalla strumentalizzazione sessuale del minore, di cui è tutelata l’immagine, la dignità e l’equilibrato sviluppo psico-fisico. Inizialmente la giurisprudenza riteneva necessario il presupposto del pericolo di diffusione delle immagini o dei video, ravvisando, in mancanza, il reato di mera detenzione di tale materiale.
Di recente, la Suprema Corte ha preso atto dell’evoluzione tecnologica, come si evince ex art 600 ter al comma III c.p, e perciò ha configurato il reato anche nell’uso di smartphone, tablet e computer dotati di fotocamera, che rendono agevole il collegamento alla rete internet, facendo diventare potenzialmente diffusiva qualsiasi produzione di immagini o di video.
Nel caso di specie, in un primo momento il giudice aveva ritenuto opportuno il collocamento dei minori presso l’abitazione materna in Piemonte, anche in seguito a una relazione della CTU psicodiagnostica che aveva avvalorato questa sistemazione. Successivamente però alla scoperta di materiale pedopornografico su uno dei cellulari dei figli e di due video trasgressivi girati da uno dei minori, il conflitto tra i genitori si era acuito anche in relazione alle metodologie educative da adottare nei confronti degli adolescenti in questione. In particolar modo il padre, che aveva previsto insieme alla ex coniuge l’utilizzo del cellulare, riteneva che “la distanza abitativa non gli permettesse di esercitare la sua autorità e che la lontananza dai figli implicava l’impossibilità concreta di porre da parte sua una adeguata cornice regolativa, dato che a suo avviso la madre non sarebbe stata capace di sufficiente capacità di contenimento e di abilità normativa nei confronti di due figli in età adolescenziale” e per questo motivo richiedeva il collocamento presso di sé dei figli minori.
Il Tribunale di Parma, avendo preventivamente rigettato l’istanza con cui il padre chiedeva il collocamento presso di sé dei figli, in quanto ritenuto non consono allo sviluppo delle relazioni interpersonali e per l’impossibilità del padre e della nuova convivente di poter garantire una supervisione dei minori stessi, richiamava la madre a un maggiore controllo degli stessi, anche in considerazione della delicata fase adolescenziale che i soggetti trascorrono e autorizzava il controllo dei dispositivi elettronici.
Il giudice quindi ritiene lecito poter supervisionare costantemente i contenuti presenti sui telefoni cellulari dei minori e sui computer, anche tramite l’applicazione di necessari dispositivi di filtro “Parental Control”, al fine di evitare la comparsa di materiali non adatti all’età dei ragazzi e alla loro educazione.
Valori Valentina