Si prospettano tempi duri per il coniuge che viola l’obbligo di collaborazione nella ricostruzione del proprio patrimonio reddituale.
Tale obbligo è contenuto nella legge sul divorzio nr. 898/1978, la cui voce 5, comma 9, prescriva che “I coniugi devono presentare all’udienza di comparazione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei rediti e ogni documentazione relativa ai loro rediti e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone di indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria ”.
Funzione dell’assegno
Ai sensi della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, dopo le modifiche introdotte con la Legge n.74 del 1987, il riconoscimento dell’assegno di divorzio, di cui deve attribuire una funzione assistenziale ed in misura pari compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l ‘ l’uso dei criteri di cui alla prima parte della norma è definito il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, ”.
La funzione assistenziale dell’assegno di divorzio è composta da un contenuto perequativo-compensativo che discende direttamente dal principio costituzionale di solidarietà e che conduce al riconoscimento di un contributo che, partendo dalla comparazione delle condizioni economiche-patrimoniali dei due coniugi, deve tener conto non solo il raggiungimento di un grado di autonomia economica racconto da garanzia l’autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello redazionale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del richiedente.
Le Sezioni Unite ribadiscono, secondo, che la funzione equilibratrice dell’assegno non è finalizzata alla ricostruzione del tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio, ma soltanto al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla realizzazione della situazione comparativa attuale.
Obbligo di collaborare
La Cassazione con una recente ordinanza dell’11 giugno scorso, n. 11183, ha affermato che è una facoltà del giudice richiedere anche dall’ufficio una consulenza tecnica, da cui potrebbe essere accertato in via presuntiva la consistenza della ricchezza del coniuge.
Per la Suprema Corte il rifiuto opposto a fornire informazioni e collaborazione con il consulente, al fine di consentire lo svolgimento delle indagini patrimoniali anche in relazione ai redditi e ai patrimoni esteri, integrare un “illegittimo comportamento processuale” e offre al giudice la facoltà dl accertare anche in via presuntiva il valore delle ricchezze a disposizione della parte onerata al versamento dell’assegno.
Su questi presupposti è stato rispettato il ricorso di un uomo contro la pronuncia della Corte d’appello che aveva raddoppiato l’assegno stabilita in primo grado a carico dell’uomo e favore della figlia minore, per via della mancata collaborazione dell’uomo con il consulente incaricato dal giudice.